Arequipa, la spagnola del Perù

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Arequipa, la spagnola del Perù

E’ nata spagnola. Ad Arequipa le parti s’invertono: se fin d’ora con le nostre cartoline abbiamo conosciuto un mondo prevalentemente andino, qui ad Arequipa entriamo in un’atmosfera spagnola,

la sua popolazione è più bianca che india, come bianca è la città, costruita con pietre di sillar, un tufo d’origine vulcanica. La seconda città del Perù dopo Lima, é circondata da vulcani, una corona che in epoche assai lontane doveva essere davvero infuocata. La vista è dominata dal el Misti, alto più di 5000 m. Gli spagnoli, che all’inizio della colonizzazione, si erano stabiliti sulla costa nei pressi di Quanamà, nel 1539 furono costretti ad arrendersi ad un’epidemia di febbre gialla. Fu questa a spingerli verso l’interno, dove il clima dei 2335 m, era più fresco e più adatto a vivere. In realtà, Arequipa è due città in una: quella bianca, aforismidiviaggio Arequipa 2abbagliante, assolata e fresca, e l’altra al suo interno, il convento di Santa Catalina, una città fortificata, regno “segreto” di sole donne. La città bianca è piena di fascino, vivace, spagnola nella planimetria e un po’ peruviana nell’atmosfera indefinibile e sottile di un mondo composto di gente che anche se spagnola e meticcia, vivendo sotto altre latitudini, ne ha assorbito in parte lo spirito, diventando peruviana. La plaza de Armas è un quadrilatero ma anche un giardino; al centro una fontana, sui due lati begli edifici porticati e la cattedrale, un mastodonte in stile neorinascimentale, “aggiornato” al 1844, a causa dei diversi terremoti che anche oggi affliggono la città. Questo é il motivo per cui le costruzioni sono tutte di soli due piani, ben piantate a terra. Tutto il centro storico, anche grazie alla sua originalità, è entrato nel 2000 a far parte del patrimonio dell’Unesco. Per conoscere lo stile eclettico di Arequipa, bisogna entrare nel complesso della Compagnia del Gesù. Già dalla facciata è chiaro che, se i suoiAforismidiviaggio Arequipa architetti furono spagnoli, di certo non lo furono i costruttori. La barocca facciata bianca presenta frutti locali e volti meticci in puro stile arequipegno. Superato l’originale chiostro dalle colonne quadrate, decorate di bassorilievi con fiori rampicanti, tra i quali s’intrecciano angiolini impudichi, si entra nella chiesa. E’qui che si può vedere il trionfo dello stile barocco locale. Nella cappella reale, i pittori ingaggiati per affrescarla, hanno donato al mondo un capolavoro d’arte indigena, rappresentando sulle pareti e sulla volta, le piante e gli uccelli dell’Amazzonia, in un tripudio di rossi e verdi forti, gialli solari accesi, che brillano come oro: entrare nella cappella, è come sprofondare in un racconto, nella foresta che un originale sovrano, ha voluto racchiudere tutta in un sol luogo. Tutti i sensi sono chiamati a raccolta in una sinestesia da sindrome di Stendhal, ci sembra che gli uccelli cantino, che i fiori profumino, che un vento leggero faccia vibrare le piante dipinte, viene voglia di toccare per verificare l’autenticità della vita che sembra emanare da quelle pareti. Impressionati da tanta originale bellezza, ritorniamo a girare per la città: una continua scoperta. Nel sobborgo Yanahuara ci attrae la facciata barocca della chiesa “custodita” da un secolare albero di molle, l’albero del falso pepe, originario del Perù. Anche questa facciata nasconde un mondo segreto che qui si esprime in simboli animisti, tutti da captare. All’interno della chiesa, la Vergine del Rosario convive senza difficoltà con l’esterno. Arequipa è una città colta, tutti i suoi abitanti vanno a scuola ed è la città di Vargas Llosa, il famoso scrittore vincitore nel 2010 del Nobel per la letteratura. Llosa é uno scrittore cittadino, che accusa la classe politica locale di corruzione. Le strade cittadine sono animate, bei negozi s’affacciano sulle vie dello shopping, famoso per i prodotti di lana d’alpaca e vigogna. La città é sede della Corte Costituzionale, come dimostrano le numerose targhe d’avvocati, sparse nei diversi quartieri. Ma ora entriamo nella città, murata, il monastero di Santa Catalina, regno assoluto di donne ricche e altolocate, aforismi peru arequipa 3novizie nobili, che potevano rinchiudersi qui con i loro privilegi ed una serie di serve indie per accudirle. Il luogo è di sobria bellezza, di tranquilla eleganza; brilla di luce solare, ha linde stradine, piazzette con pavimenti a scacchi, portici azzurri ornati di fiori, archi vibrati di rosso, un’armonia a dir poco “divina”. Originale la piazza dei lavatoi con i mezzi orci usati come vasche. Tutto fa pensare ad una vita in raccoglimento; serena, tranquilla, oppure, chissà, forse in quell’ambiente di sole donne potevano sorgere liti e rivalità, magari frustrazioni, dovute a voglie represse di tutti i generi. Ed ecco allora, che in un punto delle mura, una serie di gradini permette di buttare uno sguardo fuori del convento. Possiamo immaginare che, all’imbrunire, qualche romantica reclusa potesse assistere solitaria, ad uno spettacolare tramonto, capace d’aggiungere colore alla già sgargiante tavolozza dei quartieri conventuali. Le poche suore rimaste in clausura, ora lo sono per loro scelta, hanno una piccola attività, producono saponi al prezzemolo, creme alle rose, che vendono ai visitatori del convento. (Gabriella Pittari)

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