Bali, al ritmo di danza

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A Bali la religione investe tutte le attività della gente sempre impegnata ad organizzare feste per le divinità. Il loro pantheon é rappresentato dalla trimurti indiana Brahma, Vishnu, Shiva rivisti alla balinese.

I Templi devozionali sono vigilati da due demoni di pietra pronti a spaventare gli spiriti mal intenzionati per tenerli lontani. La superstizione è l’ossessione dei balinesi. Questi templi sono molto frequentati dagli abitanti che ogni giorno al mattino presto portano doni di fiori, intrecci di foglie di palma: veri capolavori d’arte dai colori più svariati, offerti agli dei e consumati dai numerosi uccelli che s’aggirano nel cielo impregnato di aroma d’incenso e del profumo di chiodi di garofano delle loro sigarette. Sull’isola si celebrano più di 200 feste l’anno.

Aforismidiviaggio Bali Barong danza 23071 L’architettura dei templi é semplice: consiste di due cortili accessibili da due porte che simboleggiano il bene e il male, la luce e il buio, forse un retaggio dello yin/yang cinese. La porta d’ingresso del secondo cortile immette al santuario vero e proprio, ha la forma di candi, il tempio funerario che conserva le ceneri di un antenato importante. In fondo al cortile si trova il trono di pietra Padma-sana, dalla base di tartaruga avvolta da due serpenti di pietra. Padma il loto è consacrato al dio Sole e simboleggia il cosmo.

Aforismidiviaggio Bali pagoge 23104 Le pagode a più piani rappresentano il monte Meru dell’induismo, la sede degli dei, la montagna del cielo. I balinesi non temono la morte anzi la onorano con il Pura Dalem la cerimonia più importante, dedicata a Durga, moglie di Shiva, dea della Morte. Molto venerato é anche Garuda, l’uccello vettore del dio Shiva, diventato il simbolo della compagnia aerea Indonesiana. Lunghi cortei accompagnano i defunti alla cremazione, una vera e propria festa, per aiutare il defunto a liberarsi dalla reincarnazione, noi diremmo a liberare l’anima. Mi viene in mente che nella cattedrale di Saint Denis a Parigi, ci sono i sarcofagi medievali dei re francesi: le statue giacenti hanno due angeli al lato della testa pronti a prendersi l’anima. Il tempio più rappresentativo di Bali é a Besakih sul fianco del monte Agung, un minaccioso vulcano, con pagode alte 915 metri, forse un tentativo per esorcizzare il pericolo. Diffusi erano i combattimenti dei galli, ora un semplice divertimento, reminiscenza ancestrale di un’antica tradizione sciamanica, retaggio di cruenti sacrifici forse anche umani: ora  proibiti ma non aboliti.

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Quello che più affascina noi stranieri sono le processioni dove le donne, tutte graziose e aggraziate, reggono sulla testa le offerte; sembrano “ballerine” ingaggiate dai sacerdoti in combutta con gli dei per convincerli a tenere lontani gli spiriti maligni. Gli abiti delle signore, i sarong di batik e ikat, le belle camicette di pizzo o ricamate sono un’altra forma d’arte espressa nei tessuti, ricercati e imitati dalla moda occidentale per originalità e indiscussa bellezza.

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Sarà certamente fantastico esplorare l’interno dell’isola sul popolare bemo, il tipico minibus locale. Palazzi reali sono sparsi in diverse zone e in mezzo alle foreste, nei villaggi s’incontrano mercati di frutti da noi sconosciuti per lungo tempo. A Gunung Kawi, sembra di entrare in un dipinto nella vallata affacciata su un disegno di risaie terrazzate verde smeraldo. Qui si capisce che a Bali il riso é l’alimento principale. Queste viste hanno ispirato agli inizi del ‘900 il pittore primitivista Walter Spies che ha creato un circolo d’artisti nel villaggio di Ubud, rimasto un centro d’arte permanente. Per assistere al tramonto più indimenticabile si va a Tanah Lot, dove il sole s’inabissa davanti all’antico tempio sul mare, abitato da numerosi pipistrelli.

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La pittura non é l’unica arte coltivata a Bali, si può assistere alle versioni teatrali dei più importanti poemi epici indiani come il Ramayana. Una rappresentazione popolare é il Kecak, la danza delle scimmie, interpretata da soli uomini, spesso più di cento. Il Barong, mette in scena un mostro mitologico che incarna le forze della natura, il bene contrapposto a Rangda, il male. Le rappresentazioni  sono accompagnate da un’orchestra di percussioni il gamelan che impregna l’aria di suoni quasi eccessivi capaci di salire al cielo alla ricerca del Big Bang. I movimenti delle danze sono così speciali tanto da aver colpito Charlie Chaplin che li imitava nei salotti intellettuali.

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Diversi stranieri rimasti incantati dall’isola non l’hanno più abbandonata, chi creando attività commerciali, chi trovando località appartate dal turismo di massa frequentate ormai più da australiani, americani, cinesi, giapponesi, orientali in genere. I balinesi sono grati perché hanno portato sulla piccola isola un discreto benessere anche se a scapito della loro libertà creativa. (testi e foto di Gabriella Pittari) FINE

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