Cambogia, cosa é successo negli anni '70? Sud est asiatico in fiamme.

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Il silenzio degli innocenti, la Cambogia nel XX secolo.

A conclusione della profonda conoscenza turistica della Cambogia raccontataci da Gabriella Pittari nelle precedenti pagine, portiamo a conoscenza degli eventi tragici avvenuti nel XX secolo in quel Paese.

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Mentre giravamo tra le architetture del passato, le guide ci raccontavano la tragedia vissuta a fine anni ’70 del secolo scorso, quando il loro luminoso sorriso si era trasformato in una smorfia di sofferenza. Sentir raccontare da chi ha vissuto quella Storia diventava pathos puro. Dal 1975 al ’79 mentre in Cina si consumavano gli ultimi bagliori della Rivoluzione Culturale, in Cambogia venivano massacrate per ideologia circa due milioni di persone, su un totale di sette milioni di abitanti. Pol Pot  in primis con le sue bande di khmer rossi infierirono sulla capitale Phnom Pen -ritenuta corrotto luogo di perdizione- la svuotarono dei suoi abitanti (circa due milioni) per “purificarla” abolirono tutte le istituzioni e il denaro, deportado gli abitanti nei campi di lavoro. Secondo la nuova ideologia la società depravata, liberata dalle classi borghesi sarebbe diventata una nazione di operai e contadini. Il film “Urla del silenzio” di Roland Joffé racconta l’evacuazione di Phnom Pen e la presa del potere. Lo studioso Francois Bizot nel suo libro “il cancello” descrive l’evacuazione degli stranieri dall’ambasciata francese. La popolazione coatta fu affidata a giovani montanari primitivi, contadini ignoranti che dovevano eliminare tutti gli intellettuali e non solo loro. Nelle campagne i lavori forzati e le torture uccidevano: “I corpi abbandonati concimavano la paura”, sulle fosse comuni veniva piantato il riso. L’incapacità dei nuovi arruolati provocò una carestia endemica...l’orrore durò tre anni, otto mesi, venti giorni, finché non arrivarono i vietnamiti che per liberarli da quell’oppressione insopportabile si appropriarono del Paese. Pol Pot aveva avuto l’appoggio dell’America che finanziava la guerriglia mentre bombardava il Vietnam. Nel libro “Estremi Orienti” Amitav Ghosh racconta la sua visita nei luoghi di formazione di Pol Pot, di come si era distinto a scuola tanto da essere mandato a Parigi con una borsa di studio. Lì criticò il suo paese e fu rimpatriato. Tornò in patria colto, politicizzato: Il suo modello politico era Robespierre, diventò fanatico nazional-comunista.

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Quando l’abominio finì, si tirarono le somme. Le bombe anti uomo avevano mutilato 35 mila persone. Una gran quantità di bambini erano orfani, alcuni furono adottati, altri venduti ai trafficanti d’organi. La prostituzione diventò endemica e l’AIDS proliferò. Alcuni torturatori, ragazzini di dieci, dodici anni analfabeti ingaggiati per uccidere, a fine dittatura entrarono nel governo restando rispettati, protetti da un’omertà generale. Alberto Arbasino nel suo reportage dalla Cambogia accusa l’occidente di aver applicato il politicamente corretto laddove bisognava urlare contro un dittatore che uccideva il suo stesso popolo. Del resto la Cambuchea Democratica ebbe un seggio all’ONU fino al 1991. Per 30 anni nessuno parlò, tutti cercavano di riappropriarsi della vita. Il premier Hun Sen colluso con il passato nel 1997 salì al potere con un colpo di stato, fu riconfermato con elezioni pseudo democratiche, del resto erano rimasti solo loro: 10 mila khmer rossi. Nel 2009 la Cambogia istituì un processo con magistrati locali e internazionali per condannare i fautori dell’annientamento. Pol Pot era morto nel 1998, ma giustizia andava fatta, era un’esigenza morale, non c’è pace senza giustizia. Scopo dei processi non era la vendetta ma l’espiazione delle colpe, per trasformare l’insopportabile disumanità in umanità. I condannati dovevano riconoscere i propri torti davanti ai testimoni che li additavano. Non era più tollerato il silenzio degli innocenti.

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I pochi abitanti di Phnom Pen sopravvissuti tornarono nella città spettrale da baraccati negli ex bei quartieri coloniali di villette francesi, irriconoscibili. Il famoso liceo Tuol Sieng nel quartiere residenziale si era trasformato nel famigerato luogo di tortura e di sterminio S -21, diventato ora il memoriale del genocidio, dove furono uccisi 17 mila cambogiani colpevoli di essere borghesi. Con i loro teschi hanno fatto una mappa della Cambogia. Duch capo dell’S-21 aveva diretto il campo di sterminio in cui fu imprigionato lo scrittore Bizot, l’unica persona salvata da Duch. Il processo del 2009 ha condannato Duch a 30 anni di reclusione. Il regista, scrittore cambogiano Rithy Panh ha diretto un film denuncia sull’S-21, nel suo libro “L’eliminazione” racconta come viveva lui 13enne prigioniero nei campi di lavoro. Elisabeth Baker autrice del libro “When the war was over” ci dice che il gusto per il macabro ricordava quello delle fiabe dei fratelli Grimm. Secondo Tiziano Terzani invece: “ perfino la natura aveva perso la sua rincuorante innocenza”.

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La Cambogia é ora un paese turistico, a Phnom Pen sono sorti hotel di lusso, il palazzo reale d’architettura eclettica, art decò é stato restaurato. La città é ora un luogo piacevole da visitare prima di lasciare questo indimenticabile Paese.

 

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prima parte Cambogia, Angkor Wat i favolosi templi

seconda parte Cambogia, dal tempio di Angkor Wat alla città Angkor Thom

terza parte Cambogia, Angkor e le meraviglie sconosciute